Il comprensorio venne progettato quale installazione periferica per le forze armate angloamericane di stanza nel Territorio Libero di Trieste. Ben presto dismesso, venne prontamente riutilizzato per far fronte all’emergenza profughi, sempre più pressante a partire dagli anni ’50, con dei picchi nel 1954-55 (Esodo dalla Zona B). Fu una delle infrastrutture militari alleate che, come previsto dai protocolli connessi al passaggio della Zona A del Territorio Libero di Trieste all'Italia, venne destinata al ricovero ed all'assistenza dei profughi istriani che transitavano sul territorio per venire smistati nei Centri Raccolta Profughi della penisola.
L’intera superficie del centro, dismesso definitivamente nei primi anni ’70 è tutt’ora delimitata dalla recinzione originaria ed il campo, pur essendo state demolite le baracche in legno modello "Pasotti", conserva inalterata la struttura originaria. Si tratta di uno dei pochissimi campi profughi del territorio nazionale che non abbiano subito modifiche o stravolgimenti dopo la cessazione del loro utilizzo.
Il campo era dotato di un ingresso principale situato nella zona centrale del complesso, dotato di un varco a doppia cancellata, ove era situato anche il posto di controllo della Polizia Civile, annesso alle palazzine in muratura dell’amministrazione.
L’accesso al campo era strettamente regolamentato sia in ingresso che in uscita e la circolazione non era libera. Nelle ore notturne i varchi venivano chiusi senza eccezioni di sorta persino per i profughi residenti.
Sono ancora ben visibili gli edifici a più piani che erano parte delle strutture centrali del campo, nelle quali trovavano posto la mensa comune ed alcuni magazzini ed uffici amministrativi. Le costruzioni, ancora in discrete condizioni strutturali, sono state investite da due distinti tentativi di restauro, corrispondenti ad altrettanti progetti - poi abortiti - di riqualificazione dell’area: il primo risalente agli anni ’62 - ’63 era concomitante alla trasformazione del Campo Profughi di San Sabba principale (locato nelle strutture della Risiera di San Sabba ed ospitante a quel tempo i profughi dell’Europa dell’Est) in zona museale e monumentale e comportava la trasformazione del campo di Padriciano in campo raccolta profughi stranieri con conseguente elevazione degli standard abitativi; il secondo è risalente agli anni ’80 - ’90 e prevedeva la trasformazione del campo di Padriciano in sezione distaccata delle carceri di Trieste (numerosi edifici portano ben visibili alle finestre i segni delle sbarre che dovevano venire installate).
Le ampie superfici erbose oggi visibili corrispondevano alle tre zone del campo in cui trovavano posto le baracche in legno modello “Pasotti”, concepite dal Genio Civile di Trieste per conto del Governo Militare Alleato sulla base delle abitazioni d’emergenza utilizzate per ospitare gli sfollati del terremoto di Messina del 1908.
Le baracche, prive di riscaldamento ed acqua corrente, erano ricoperte ed isolate con lastre in amianto-cemento di tipo eternit, le cui tracce sono tuttora massicce nel terrenno e fra le fondamenta in cemento ancora esistenti dopo la campagna di demolizioni degli anni ’80. Del complesso di baracche, le uniche strutture visibili sono la palazzina dei bagni comuni e una serie di magazzini e rimesse, 7 attualmente utilizzati quali depositi dalle amministrazioni locali.